La Libertà degli italiani ai tempi del Coronavirus

La libertà è quella strana cosa che si apprezza solo quando la si perde.
Quindi la Pandemia di Coronavirus ci sta insegnando qualcosa?

Sì, e al contempo ci sta sbattendo in faccia con tutto il suo tragico cinismo che la libertà non è una peculiarità del nostro individualismo o “proprietà” del nostro ego, tanto meno un’arma dei nostri capricci.

Per nostra fortuna non è così, altrimenti in questi giorni di Manzoniane città, fatte di strade deserte e ospedali al collasso, vivremo anche l’agonia della libertà stessa.

Il Coronavirus, con la sua mortale e coatta presenza, ci sta obbligando a modificare il nostro modo di pensare e di vivere le cose che ci accadono, ma ancor più, a modificare il nostro modo di vivere.

Ci sta insegnando con dolorosa semplicità che la libertà non è una nostra proprietà.

Il virus non conosce confini, Stati, lingue, sovranità o religioni.
Infetta tutti, senza rispetto per ruoli o gerarchie.

E di questo i militari ne sono ben coscienti, visto che molti dei vertici stanno vivendo cosa voglia dire essere “uno dei tanti”, quindi vivere le stesse angosce e paure del loro ultimo sconosciuto uomo.

Da questa situazione di sofferenza ancor più che pericolo, i nostri vertici ancora troppo sordi alle sofferenze e necessità del proprio personale, potrebbero finalmente capire che tutti devono pensare al proprio compagno prima ancora che a sè stessi, poiché, come nel caso sopra citato, l’ultimo soldato in fondo a destra forse potrebbe essere proprio quello che ci salverà la vita.

Tutti i cittadini, e quelli che vestono un’uniforme dello Stato in primis, devono edificare delle barriere protettive basate sulla solidarietà, altruismo e fratellanza.
Questo virus ci sta insegnando che la libertà non può essere vissuta senza il senso della solidarietà, e che la libertà scissa dalla solidarietà è puro arbitrio.
Paradossalmente, ce lo insegna togliendoci quello che per noi è la norma, la base del nostro essere persone, infatti ci costringe a barricarci in casa, a non toccarci, ad isolarci da tutti, compresi gli affetti.
Ci sta forzando ad andare oltre il nostro egocentrico sguardo, ci sta insegnando a vivere, ci sta insegnando la regola fondamentale che con sempre più facilità disconosciamo: nessuno rimane indietro.
Sì, perché nessuno si salva da solo.
La mia salvezza non dipende solo dai miei atti, ma anche da quelli degli altri.
Gli uomini dello Stato che indossano un’uniforme lo sanno fin troppo bene.

Ma il Coronavirus, nella sua drammaticità, ci sta insegnando il valore della solidarietà esponendoci all’impotenza inerme delle nostre esistenze individuali, proprio attraverso la privazione dei rapporti sociali.

Ci può insegnare tanto, vero, ma solo se noi vogliamo comprendere.

Questa auto reclusione necessaria, deve essere, per chi la compie, un atto di profonda solidarietà e non un semplice ritiro fobico-egoistico dal mondo.
E’ in quest’atto tutto il significato della parola “libertà”, nel senso più fondamentale e alto del termine: essere liberi coscienti che ogni libertà ha conseguenze sugli altri.

La nostra libertà non è passeggiare, non è uscire a fare sport, non è “tanto sto attento”.
E’ la nostra responsabilità a renderci liberi, non dimentichiamolo mai.

In questi giorni difficili e dolorosi, le conseguenze dei nostri atti investono la nostra vita, quella degli altri e quella dell’Italia intera.

Di questo abbiamo avuto contezza nei giorni scorsi, con esodi irresponsabili che oltre a rappresentare una possibile espansione del contagio, hanno evidenziato un difetto culturale purtroppo presente nella nostra società: non rispettiamo l’autorevolezza, accettando solo l’autoratismo.

Sbagliare ora vorrebbe dire superare il punto di “non ritorno”.

La nostra Patria ora ha bisogno di tutti noi, della nostra responsabilità e del nostro coraggio.

Facciamo vedere al mondo chi è il popolo del Paese più grande e fiero del mondo.

Possiamo tornare padroni della nostra vita e di quella dignità e grandezza che ci hanno contraddistinto in una storia millenaria che tutto il Mondo ci invidia.

E per far questo, non siamo costretti ad andare in guerra come i nostri nonni, ci basterà stare comodi in casa ad aspettare che tutto finisca.

 

Dedicato a tutti gli operatori sanitari, medici, infermieri, tecnici di laboratorio e ogni altra figura professionale, che in questi giorni stanno sacrificando la loro vita per il benessere di tutti. Grazie di cuore per quello che fate e quello che siete.

Voi siete già liberi!

 

 

Carlo Chiariglione
www.carlochiariglione.com

FOTO: Su gentile concessione del personale del Laboratorio di Biologia Molecolare Ospedale Santa Croce e Carle – Cuneo

Liberamente tratto da “La nuova fratellanza” di Massimo Recalcati
https://www.massimorecalcati.it/