DI: AVV. FRANCESCO PANDOLFI__________

 

 

 

Le vicende della mobilità interna sono temi cari al personale militare: vediamo oggi l’argomento delle assegnazioni temporanee e dei trasferimenti definitivi.

Parliamo in particolare degli appartenenti all’Esercito Italiano, per i quali non è facile essere assegnati temporaneamente ad altre sedi, come non è scontato convertire l’assegnazione temporanea in trasferimento definitivo.

La mobilità dei militari è stata sempre un problema, per varie ragioni; inoltre gli interventi normativi non sempre hanno avuto l’effetto sperato sul bilanciamento degli opposti interessi.

E’ una materia delicata e spigolosa, che riguarda per esempio la cura dei figli minori e la protezione della genitorialità, oltre che gli interessi dell’amministrazione (contrapposte posizioni che non sempre si posso adeguatamente bilanciare).

Ebbene, il Consiglio di Stato in una vicenda di questo tipo ha accolto l’appello del militare interessato, il quale ha affrontato il giudizio per insistere per l’assegnazione temporanea e, successivamente, per il trasferimento definitivo.

Ma andiamo ai fatti, così da capire più da vicino la trama a partire dall’assegnazione temporanea.

Nel 2012, un Maresciallo Capo dell’Esercito presenta un’istanza di assegnazione temporanea per Chiavari e, in subordine, per Genova.

E’ padre di un bambino nato nel 2011 e vuole accudirlo; la moglie, assistente amministrativo, a sua volta segue la madre portatrice di handicap grave.

Neanche a dirlo, in prima battuta l’istanza è respinta dall’amministrazione in quanto l’istituto dell’assegnazione provvisoria viene ritenuto non applicabile al personale militare; in ogni caso anche perché per la posizione organica ricoperta non vi sarebbe una corrispondente posizione a Chiavari.

Il Tar rigetta il ricorso l’anno successivo.

Caparbiamente il ricorrente insiste in appello, rivendicando la piena applicabilità dell’istituto dell’assegnazione temporanea alla propria categoria, sia ricordando la disposizione dell’art. 1493 d.lgs. n. 66/10, sia richiamando l’attenzione sul fatto che la scelta amministrativa deve tenere conto di un onere motivazionale rinforzato sulla questione delle ragioni organizzative ostative.

Chiede quindi alternativamente la sede di Chiavari o Genova, sottolineando che l’art. 42 bis vuole solamente l’esistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente livello retributivo e non la corrispondenza dell’incarico, qualifica o posizione.

Precisa di appartenere al personale del cosiddetto “precedente iter”, per cui con una “riqualificazione straordinaria” può essere assegnato nella sede di Chiavari.

I Giudici dell’appello, a questo punto, accolgono la domanda cautelare dell’interessato facendo leva sulla sopravvenienza dell’art. 1493 C.O.M. (necessità di supportare il provvedimento con una valutazione concreta del particolare stato rivestito del militare).

L’amministrazione militare assegna il Maresciallo temporaneamente per tre anni a Genova.

Successivamente il militare presenta la domanda di trasferimento definitivo, che viene respinta sul presupposto che la circolare n. 9187/2014 esclude dai trasferimenti ordinari i sottoufficiali provvisoriamente assegnati.

Il Militare riparte quindi con la Magistratura: prima al Tar che respinge i suoi reclami in quanto condivide la tesi dell’amministrazione sulla circolare 9187/14, poi al Consiglio di Stato che riunisce i due procedimenti, visto che riguardano la stessa vicenda.

L’esito in appello è favorevole per il ricorrente.

Questi gli argomenti proposti in secondo grado ed apprezzati dal C.d.S:

  1. il testo unico delle modalità d’impiego del personale militare edizione 2008, aggiornato al luglio 2013, non contiene regole preclusive riferite alle assegnazioni provvisorie,
  1. la direttiva del 23 luglio 2014, relativa alla pianificazione annuale dei trasferimenti, è entrata in vigore solo successivamente alla circolare n. 9187 del 26 giugno 2014,
  1. l’assegnazione provvisoria non può considerarsi ostativa al trasferimento definitivo sul medesimo o su altro posto, visto che ci sono posti disponibili sia in Genova che in Chiavari,
  1. la circolare è discriminatoria non rinvenendosi alcuna altra analoga previsione in altri bandi di mobilità volontaria, e riguardando solo il personale dell’Esercito e a far data solo dai trasferimenti del 2014, con conseguente discriminazione del personale militare dell’esercito con figli minori e aspiranti al ricongiungimento familiare stabile,
  1. le Leggi favoriscono la tutela del minore sotto il profilo della cura genitoriale.

Il militare vince la causa.

In particolare, sul primo appello il Consiglio, in linea con la giurisprudenza più recente, conferma la piena applicabilità dell’art. 42 bis d.lgs. 151/01 al personale militare.

Inoltre riporta un difetto di specifica motivazione sulle situazioni organiche, avendo l’amministrazione chiarito solo per la sede di Chiavari ed essendo rimasta vaga per la sede di Genova.

Sul secondo appello il C.d.S. conferma che il criterio di esclusione dell’allegato “E” della circolare in questione è illegittimo.

Risulta cioè scollegato da specifiche ragioni ed esigenze organizzative, tenuto conto che aspirare al beneficio come l’assegnazione provvisoria, previsto per le esigenze di cura del minore in tenera età, non significa essere di “serie B”, cioè risolversi in una posizione soggettiva deteriore rispetto a quella di tutti gli altri militari interessati al trasferimento ordinario.

Il verdetto finale è questo: il provvedimento col quale la domanda di trasferimento dell’interessato è stata respinta risulta viziato.

Autore

Avvocato Francesco Pandolfi

ASPETTO PSICO-PEDAGOGICO

La famiglia viene catalogata all’interno delle scienze umane come il primo nucleo di appartenenza, nucleo indispensabile per la crescita delle abilità psico-fisiche di ogni soggetto. All’interno della famiglia un individuo nasce, entra in relazione per la prima volta con un soggetto diverso da sè, cresce, si affaccia alla società per poi lasciare il nido e continuare il suo ciclo di vita. Tutti i passi appena citati sono indispensabili per la formazione della personalità del soggetto, in quanto all’interno del nucleo famigliare si verifica ciò che tecnicamente viene definito “formazione della soggettività”. Questi meccanismi sono considerate tappe fisse per soggetti di qualsiasi età, questo perchè siamo a conoscenza del fatto che nel corso della vita ogni età rappresenta un tassello per accedere all’età successiva. Prendendo in considerazione la vicenda del Maresciallo Capo tenuto lontano dalla sua famiglia è oggettivamente chiaro il periodo di destabilizzazione psicologica attraversato non solo da lui, in quanto padre e figura di riferimento per suo figlio, ma dalla totalità della famiglia. Ogni individuo riveste un ruolo (talvolta inconsapevole) fondamentale. Le figure genitoriali rivestono a livello pedagogico la medesima rilevanza, poichè una è complementare all’altra. Da tenere in considerazione in questa vicenda, oltre al disturbo psicologico del padre, è lo stato d’animo del bambino. Un bambino nel corso della sua infanzia ha bisogno di vivere a 360° la relazione con la figura maschile di riferimento, ha bisogno di “confrontarsi”, di “tendere a…”, di poter avere un riscontro dal suo stesso sesso. Esiste la falsa credenza che i bambini ritenuti “troppo piccoli” non tengano in considerazione la genitorialità del padre, e che quindi nei primi anni di vita non influiscano positivamente o negativamente nello sviluppo psico-fisico dell’infante; ERRATO. Seppur con mansioni diverse la figura paterna è fondamentale, se infatti alla madre viene associata la caratteristica dell’accudimento, al padre l’arduo compito di stimolare le attività cognitive del figlio, le abilità fisiche e sensoriali. Non è mai da sottovalutare, per un ottimale sviluppo psico-pedagogico, il gioco anche con la figura di riferimento. Indubbiamente all’interno di questa vicenda tutte le parti hanno avuto da rimetterci, un padre si vede strappati anni fondamentali del proprio bambino, può sentirsi negato il diritto alla paternità e incosciamente senso di colpevolezza per non essere stato capace di essere stato accanto in maniera continua alla propria famiglia. Non bisogna tralasciare inoltre l’importanza che riveste avere la propria famiglia vicina; è spesso sottovalutato l’aspetto motivazionale che essa è in grado di infondere e a volte completamente dimenticato che essa rappresenta il luogo in cui l’essere umano si rifugia per cercare conforto e affetto. Abbiamo più volte ribadito che il lavoro del “soldato” comporta notevoli spostamenti, allontanamenti, “viaggi”, che già per conto loro complicano la vita di un essere umano, e anche se ben temprato rischiano di lasciare ferite a volte inguaribili; perchè dunque aggravare la situazione rendendo IMPOSSIBILE ciò che è POSSIBILE? Riflettiamo inoltre sulla caparbietà di questo Maresciallo; se questa medesima situazione fosse stata vissuta da un persona non altrettanto psicologicamente forte in quel determinato periodo della vita, o perché di ritorno da una missione o perchè estremamente rispettoso delle regole e degli “ordini” impartitigli, la vicenda si sarebbe conclusa lo stesso con un lieto fine ? quanti danni psicologici per la totalità della famiglia e/o pedagogici per il minore ci sarebbero stati ?

 

Di: Giorgia Guglielmini