“Sei solo un moccioso!

Guarda come sei vestito, sei un poveraccio, i tuoi non ti danno due soldi per comprarti qualcosa di decente?

E poi guardati, sei un cesso, non ti vuole nessuno, non sei in grado neanche di difenderti, perchè non vali un cazzo.

Fai schifo”

“La mia violenza su di lui non si limitava solo nel sminuirlo, appena rispondeva per difendersi dagli insulti, lo picchiavo, non solo io, ma anche i miei compagni.

Capitò diverse volte che anche qualche ragazza del gruppo lo graffiasse con le unghie, tanto da lasciargli segni terribili.

Gli rubavamo la merenda, lo ridicolizzavamo davanti ai ragazzi più grandi, ai professori, e la conseguenza è stata naturale, si è isolato.

Ero giovane e stupido, con questo non giustifico la mia violenza, anzi, mi condanno ogni giorno per quello che ho fatto a quel ragazzo; non lo meritava, era buono e generoso, anche se lo facevamo a pezzi lui cercava di esserci amico, e lo rifiutavamo solo per sentirci, non so, forse migliori di lui.

In realtà sottolineavamo sempre di più ogni giorno la nostra ignoranza.

Godevamo del fatto che lui avesse paura di noi, la stessa paura che poi si è portato dentro per anni, anche quando è diventato un adulto.

Lui era di animo gentile, empatico oltre l’immaginazione, capiva le sofferenze degli altri con una tale delicatezza che faceva invidia,  a noi questo infastidiva, solo oggi capisco quanto fosse speciale.

Perse la fiducia in sé stesso, era incostante nel fare le cose, si sentiva sempre messo sotto esame ogni qual volta qualcuno volesse parlare con lui, e il suo rendimento a scuola era di conseguenza altalenante

Il danno che noi abbiamo provocato in quel ragazzo è indescrivibile.

Un giorno, lo vidi passare con una bici nuova di zecca, gliela comprò il padre, con una scusa lo fermammo, sminuimmo la sua bici e lui. Non contenti, prendemmo in giro anche suo padre e nel difenderlo rispose a tono, lo avrebbe fatto chiunque.

Era quello che volevamo, che ci rispondesse per avere un pretesto per poterlo pestare. Lanciai la sua bici in aria per cercare di causargli un danno, si ruppe un freno e nulla più.

Ci comportavamo così…

Cercavamo pretesti per dar sfogo alla violenza, alla nostra frustrazione, ma in realtà volevamo essere un po’ tutti quel ragazzino.

Il fatto che si trasferì lontano lo ha salvato dalle nostre “attenzioni”.

Grazie a questo trasferimento potè riiniziare una nuova vita, con basi diverse, amicizie nuove, girare senza il terrore di essere beccato da noi bulli.

Gli adulti prendevano sotto gamba la nostra cattiveria, dicendo che erano cose da ragazzi, e i professori si limitavano a sgridarci, nulla più, nessun provvedimento fu mai preso nei nostri confronti, a quel punto era come se fossimo legittimati a farlo.

E’ passato così tanto tempo!

A 50 anni, dopo una brutta malattia, i dottori mi dissero che avrei avuto bisogno di un fegato nuovo e con urgenza.

La malattia aveva già ridotto il mio fegato in condizioni pessime. Nell’attesa di trovare un fegato compatibile continuavo a fare le cure, ma era come mandare giù aria, non avevano nessun effetto.

Dopo circa due mesi di estenuante attesa, arriva una telefonata.

Il Primario mi avverte che c’è un fegato per me, di prepararmi immediatamente per l’intervento. Non mi sembrava vero, stavo rischiando di morire, e la mia sopravvivenza era nella mani di qualcuno che non era più tra noi.

Mi sembrava pazzesco che il mio destino fosse quello.

Fui operato, andò tutto bene, non ebbi nessun rigetto, era come se fosse il mio fegato, un intervento perfetto.

Al termine della convalescenza la curiosità mi spinse a chiedere chi fosse il donatore, e se avesse voglia di conoscermi. Tramite l’ospedale chiesi se fosse possibile, i parenti acconsentirono.

Andrea Maffei…

Era li davanti a me all’appuntamento, l’ho riconosciuto subito, il ragazzino che ho torturato durante la mia adolescenza.”

Io avevo lo sguardo basso come chi sa di essere colpevole.

Dopo i convenevoli saluti, quello che mi disse mi gelò il sangue nelle vene.

“La vita è davvero imprevedibile, non avrei mai pensato di rincontrarti in questo modo, e nel periodo più doloroso della mia vita, quello che mi hai fatto passare tu da ragazzi in confronto era una passeggiata di salute.

La persona che ti ha donato il fegato, era mio figlio.

E’ morto in un incidente stradale, rientrava con gli amici dopo essere stati ad una festa, una macchina gli ha centrati in pieno e lui è morto sul colpo” mi disse..

“Rimasi a bocca aperta, io ero il suo carnefice, non sapevo che dire, non avevo parole, avevo un vortice di sentimenti dentro che non riuscivo a decifrare.

Non sapevo se piangere dalla contentezza di essere vivo, o per il dispiacere nel sapere quanto ha dovuto soffrire da ragazzo a causa mia.

Ora il dolore lo colpiva anche da adulto, non oso immaginare cosa significhi perdere un figlio, quali sentimenti invadano il proprio animo e cosa si provi.

Mi sono chiesto in un secondo momento se stesse maledicendo il fatto che il fegato del suo compianto figlio fosse dentro un Bastardo come me, ma le sue parole furono altre, generose e forti che solo una persona col suo animo poteva dire…”

“Mio figlio vive, in ogni persona che abbiamo incontrato al quale lui ha salvato la vita, è stata un decisione presa da Lorenzo quella di poter donare gli organi, e noi abbiamo acconsentito.

Non pensavamo però succedesse così presto!”

“Quel ragazzo gracile, sottomesso dalla nostra cattiveria era stato in grado di non lasciarsi governare dalla rabbia, ha educato suo figlio alla generosità d’animo, al valore della vita, a voler bene il prossimo. Andrea aveva sempre gli stessi occhi, anche ora da adulto, aveva la stessa luce di qualcuno destinato a qualcosa di più grande, e tutto questo dolore non era arrivato senza frutto, aveva portato vita.

La morte che porta la vita.

Con questa frase, che sembra non avere senso, Andrea cercò di spiegarmi quale fosse il pensiero del figlio nella scelta di donare gli organi.

Vincere la morte con un gesto d’amore, che non permettesse di andare via del tutto.

Quale scherzo peggiore poteva fare alla morte se non questo?

Dopo quell’incontro ce ne furono altri, ho avuto il coraggio di chiedergli scusa per il passato, piansi, non me ne vergogno, mi sono liberato di un peso enorme, di un macigno che non mi dava tregua, e sapere che le accettò fu consolante.

Ancora oggi custodisco quella vita dentro di me, anche ora che sono vecchio e sono qui a raccontarti la mia storia, l’ho fatto in maniera egregia, senza abusare di nulla.

Se potessi tener in vita il fegato anche dopo la mia morte lo farei, perciò ho cercato di tenerlo sano, glielo dovevo.

Non vado fiero del dolore che ho causato, sono orgoglioso però di quello che ho fatto dopo aver capito l’errore, aver avuto tuo padre, la zia Lucia, e poi di poter raccontare a te i miei errori, perchè tu non li commetta, per far sì che tu sia migliore di tuo Nonno.”

“Nonno io ti voglio bene lo stesso, anche se hai fatto quelle cose”

“Fossero tutti come te, il mondo sarebbe migliore figlio mio!

E’ ora di andare, Papà starà per rientrare!”

 

 di Daniele Cossu

(le persone e i nomi come le storie, sono puramente frutto della fantasia)

 

Oggi si sente parlare sempre più spesso di bullismo. È un bene che se ne parli, ma il fenomeno tristemente è sempre esistito. Peccato che sembra non esservi rimedio, ma anzi, oggi trova nuovi alleati, su tutti, il web.

Ragazzi, o poco più che bambini, si accaniscono contro loro pari, senza un motivo, che non sia quello della crudeltà. E nessuno fa niente. Ci si gira dall’altra parte, dimenticando che il bullismo semina vittime, crea adulti insicuri, depressi, a volte a loro volta violenti. È una piaga sociale su cui si deve assolutamente intervenire, con atti repressivi, preventivi e curativi. Ma nulla di tutto ciò accade. Naturalmente il luogo di elezione di questo sporco fenomeno è la scuola. Le scuole medie e le superiori su tutte.

I bulli si accaniscono spesso contro i bravi ragazzi. Ragazzi, o bambini, che si trovano in una situazione di minorità rispetto alla forza bruta del branco, che sceglie accuratamente la sua vittima, e la rende un diverso da ridicolizzare, sottomettere, picchiare. Si toglie umanità con la pretesa dello scherzo. Chi non ride del giogo che gli viene inferto ha poco senso dell’umorismo, e quindi non ha nemmeno possibilità di ribellarsi, e intanto non vede nessuno, non sente nessuno, quei pochi che sembrano accorgersi di qualcosa lo fanno deridendo a loro volta. Insomma la vittima dei bulli vive un dramma raccapricciante, soffre in silenzio e cerca di nascondere il proprio disagio e la propria umiliazione, perché in fondo essa non esiste, è solo nella sua testa. Sono gli altri ad aver ragione e merita quegli scherzi, perché non sa stare al gioco e forse veramente è un diverso.

Rendiamoci conto delle conseguenze devastanti che questi atti di derisione, accanimento, prevaricazione, umiliazione hanno sulla psicologia della vittima, che molto spesso subisce tutto alla luce del sole. Anzi il sole è la cosa che essa teme di più, perché è proprio sotto la luce dell’opinione pubblica che i bulli agiscono e dove la vogliono screditare a tutti i costi. E il dramma è che ci riescono quasi sempre. Infatti il pubblico non solo non interviene, ma a volte persino si unisce alla derisione e quando non lo fa comunque tende a giudicare negativamente più che i bulli proprio la vittima, considerata un debole, uno che non si sa difendere, se non un vero e proprio diverso, che va al massimo compatito, ma non certo amato.

Sono rarissimi i casi in cui la vittima del bullismo viene veramente aiutata. Gli adulti poi si girano dall’altra parte. Tendono a volte quasi a giustificare i bulli, dicendo che sono vittime di situazioni familiari difficili, di padri violenti, o che in fondo quella è solo una palestra di vita, che la vittima deve superare. Esso infatti è forse un bambino o un ragazzo troppo protetto, forse troppo sensibile, che se la prende davvero per poco. E anche quando le violenze vanno in escalation, e alla derisione si uniscono le percosse, si tende a minimizzare. Al più, i bulli vengono rimbrottati, ma non si capisce che quello che stanno compiendo è un vero e proprio crimine, che di certo la tenera età non rende meno grave.

Le cose andrebbero chiarite subito al bullo, esplicitandogli che non solo sta facendo un’azione spregevole, di cui si deve vergognare, ma che sta andando contro la legge, e che il riformatorio sarà la sua destinazione naturale se non si darà una calmata. I bulli infatti saranno dei pessimi adulti, deboli con i forti e forti con i deboli, mentre i soggetti bullizzati sono ad altissimo rischio depressione, ansia, quando non addirittura suicidio. A chi pensa a queste povere vittime? Non ci pensa quasi nessuno. I genitori infatti molto spesso fanno finta di non capire presi dalle loro normali attività. I professori peggio che peggio. I coetanei quando non partecipano alla derisione, isolano, e non vogliono avere nulla a che fare con il “diverso”.

Ma quindi che fare? Bisogna intervenire con campagne di sensibilizzazione nelle scuole, luogo di elezione delle violenze, tra i corridoi, nei cortili o nei bagni. I professori devono vigilare, e qualora non sia possibile, inserire delle persone che controllino situazioni di eventuali criticità. Infatti nelle scuole sembra che tutto sia possibile, non luoghi dove più che formazione si crea degrado e disagio sociale. Poi andrebbero inseriti degli psicologi, laddove essi già non ci siano, in modo che i ragazzi con disaggi possano confidarsi con qualcuno, e iniziare così un’opera di intervento attivo, perché molti problemi psichici si formano proprio a questa età, e sono aggravati dal cattivo rapporto con gli insegnanti o con i compagni di classe.

Infine, andrebbero inasprite le sanzioni contro i bulli. Non se la possono infatti cavare con una semplice tirata d’orecchie. Andrebbe inserito il reato di bullismo, perché lesivo della dignità umana. Uno dei reati più beceri, che il fatto che molto spesso sia compiuto da minori, non ne attutisce per niente la gravità. Il bullismo infatti se da una parte distrugge la psiche della vittima, preparandogli un futuro a volte già segnato (magari sotto il segno dei farmaci e del disagio psichico), annientando la sua dignità, lo prepara a subire atti di violenza sempre più gravi, che possono andare dalle percosse fisiche abitudinarie, alla tortura, sino alla violenza sessuale e alla messa in rete degli atti disumanizzanti.

Inoltre, in casi estremi, e in soggetti già predisposti, le vittime di bullismo possono a loro volta diventare carnefici, e riversare tutta la rabbia accumulata, per le sopraffazioni subite e per l’ignavia della gente, verso altri, con gesti inconsulti. D’altra parte sembrano testimoniare in tal senso numerosi esempi, come la strage di Monaco nel 2016, quando un diciottenne uccise, in un centro commerciale, prima di suicidarsi, nove persone! Egli avrebbe detto prima di compiere la strage: «sono stato vittima del bullismo per 7 anni e ora ho dovuto comprare una pistola per spararvi».

Che queste ultime parole siano un monito, ma al contempo non dimentichiamo che le vittime dei bulli sono ragazzi buoni, che non hanno fatto niente per meritarsi di soffrire.

Vittime, senza colpa.

 

Fonte: https://manifestblog.it/2017/03/bullismo-vittime-senza-colpa/