DI: DANIELE COSSU – GIORGIA GUGLIELMINO – CARLO CHIARIGLIONE

 

Questa è una storia che non può cadere nell’oblio del silenzio, né essere dimenticata.

E’ la storia di un Soldato dell’Esercito italiano, un Operatore delle forze per Operazioni Speciali, un “Operatore Ranger” del glorioso 4° Reggimento Alpini Paracadutisti “RANGER”, proprio quel Reparto che nei giorni scorsi ha operato senza risparmio di risorse in Abruzzo per aiutare la popolazione civile in difficoltà.

Un Operatore Ranger inquadrato nel Plotone Ricognizione, ovvero l’elité del Reparto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un Soldato con alle spalle una preparazione ed una esperienza invidiabile.

Un ragazzo forte, nel fiore dei propri anni e con tanta voglia di vivere la sua vita e la sua splendida famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un soldato che oggi lotta per vincere la battaglia più grande della sua vita contro due nemici inaspettati e ognuno, a proprio modo, cinico e spietato.

Il primo nemico è la sua malattia.

Il secondo nemico è quella stessa Istituzione che ha sempre servito e difeso con onore.

Oggi cercheremo di raccontare a gran voce la sua storia.

Il soldato si sa, deve essere sempre pronto a sacrificarsi per combattere e Antonio Attianese, ex militare facente parte del 4° RGT ALPINI PARACADUTISTI “RANGER”, seppure  al momento menomato e indebolito nel fisico, risulta essere ancora un guerriero.

Non possiamo che condividere con il lettore lo sconcerto che la sua storia ha diffuso nei nostri animi, uno sconcerto che ci ha lasciati nettamente senza parole.

Tali sentimenti di alienazione sono vissuti anche da tutti i suoi colleghi ancora in servizio che hanno vissuto tutta la storia di Antonio.

Oggi Antonio lotta ancora, sicuramente in forma diversa da quella che si potrebbe immaginare per un militare, ma lo fa con la stessa forza di volontà con il quale ha intrapreso la sua carriera, diventando uno dei primi Soldati italiani ad essersi qualificato “Ranger” dell’Esercito Italiano.

Ma partiamo dal principio.

Dopo due missioni in Afghanistan una nel 2002 denominata ISAF (International Security Assistance Force) da maggio a settembre, e la seconda nel 2003 Enduring Freedom da febbraio a maggio, inizia a riscontrare delle problematiche fisiche.

Antonio si accorge che l’urina è mista a del sangue.

Siamo nel Gennaio del 2004, da lì a breve inizierà il Campionato Sciistico Truppe Alpine(Ca.S.T.A.).

Attianese vuole partecipare, ma durante le consuete visite mediche non viene ritenuto idoneo proprio per il problema delle urine miste al sangue.

Decide di fare una visita più approfondita.

Durante un esame gli viene riscontrato un tumore alla vescica, e da qui inizia il calvario del giovane soldato.

Viene operato più volte, perché ogni 3 mesi circa il “diavolo” si ripresenta, portandolo poi nel tempo alla perdita completa della vescica e costringendolo a far uso di una sacca per contenere l’urina.

Per due anni tutte le spese vengono affrontate con le proprie risorse finanziarie, non sapendo che una circolare, la 65/84 avrebbe potuto aiutarlo.

L’Istituzione d’appartenenza avrebbe dovuto avvisarlo della presenza di una legge finalizzata ad assistere ragazzi con patologie gravi, quindi supervisionare il tutto. Ma in realtà oltre a non aver eseguito l’obbligo di legge di supportare il ragazzo nei bisogni che la stessa legge comprendeva, la medesima Istituzione cerca anche di negargliela osteggiandolo.

Per intenderci, ad esempio la circolare comprende pure il risarcimento delle spese effettuate di vitto e alloggio del parente che accompagna l’assistito.

Per due anni l’Istituzione fa orecchio da mercante costringendo Attianese a curarsi per conto proprio.

Venuto a conoscenza grazie ad un ex Maresciallo in pensione della presenza di questa legge, decide di usufruirne e si rivolge all’Ufficio Amministrazione del proprio Reparto per esercitare tale proprio diritto.

L’amministrazione richiede le ricevute delle visite, ma giustamente non sapendo della presenza di questa legge, il militare non le ha conservate.

In compenso ha 11 cartelle cliniche che attestano la sua patologia e tutti gli interventi che ha dovuto subire (ad oggi più di 90 cartelle cliniche).

L’amministrazione risponde picche, ma Antonio non si dà per vinto e pretende l’attuazione della legge.

Viene chiamato a rapporto nell’ufficio da tre ufficiali, cosa alquanto inusuale, e in quella riunione i tre superiori si mostrano ostili ad Attianese.

Iniziano a minacciare il soldato, affermando che nel caso non avesse desistito a tali sue richieste, dato che con il suo comportamento avrebbe portato scredito al reparto di appartenenza, gli si sarebbe creato un cerchio di fuoco attorno.

Il problema è che il nostro “Ranger” allertato dalla situazione non convenzionale e da vari precedenti segnali non proprio incoraggianti registra tutta la conversazione.

Forse difronte alla tenacia e alla inamovibilità di Attianese – forte anche delle registrazioni -nella speranza di abbonirlo i tre Ufficiali decisero di mettersi all’opera al fine di fargli recuperare perlomeno le spese vive sostenute fino a quel momento.

Questo per inquadrare l’atmosfera vissuta da Attianese appena saputo di avere un tumore maligno.

La vita operativa per un militare che ama il suo lavoro è un qualcosa che sostiene e supporta la mente ancor prima del fisico.

Per un Soldato operativo, e ancor più per un Ranger, vedere i propri compagni partire mentre si è costretti ad una scrivania per colpa di quel “demonio”, diventa una sofferenza non facile da capire se non la si è provata sulla propria pelle.

E’ una sofferenza talmente sentita e profonda che si trascurano anche le cure necessarie e vitali, pur di poter stare al fianco dei propri compagni.

Ma il male e le sofferenze fisiche iniziano ad essere veramente insostenibili anche per Antonio.

Il nostro Ranger decide di chiedere il trasferimento vicino casa per dedicarsi e concentrarsi sulle cure e, vincendo e superando ogni ostacolo burocratico e ogni procedura standard inerente ai trasferimenti, nel giro di due mesi, inaspettatamente, Attianese viene spedito verso casa.

Naturalmente nell’immediato Attianese fa domanda di causa di servizio, ed è in questo momento che i problemi raddoppiano.

Dopo due pareri negativi, infinite lotte legali intercorse con le Istituzioni militari, enormi somme spese in avvocati e indicibili patimenti psicologici, Attianese riesce finalmente ad ottenere la causa di servizio.

La ottiene in un modo diverso dal normale, anche perché il TAR dopo 10 anni ancora non si è espresso sui ricorsi fatti dal soldato quando subì i pareri negativi.

Per capirne le modalità bisogna tornare indietro di qualche anno, ovvero a quando gli tolsero la vescica e le condizioni fisiche e mentali di Antonio ebbero un calo decisamente pesante.

Confidandosi con il suo vecchio amico e collega Carlo Chiariglione, veniva dallo stesso consigliato e assistito per e nella compilazione di una lettera di denuncia da inviare ad ogni figura politica italiana, ad ogni Comando o ente militare, ad ogni  Procura italiana, infine ad ogni giornalista e testata giornalistica della carta stampata, della televisione e del web.

Lettera era stata spedita da Attianese al mondo intero con la speranza che qualcuno prendesse in considerazione il suo caso e lo aiutasse anche solo umanamente.

Il primo a rispondere fu il Capo di Gabinetto del Ministero della Difesa e subito dopo il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.

Pungendo la testa si smuove anche la coda, infatti così facendo viene preso in considerazione il caso, quindi, viene contattato dal Tribunale Militare di Roma.

Attianese col proprio avvocato si presenta in tribunale.

Nel fascicolo in mano al Tribunale è inserita la relazione di una nota Dott.ssa di Modena esperta di nano particelle. La dottoressa aveva analizzato il primo carcinoma vescicale del “Ranger” su richiesta e a spese dello stesso.

Dall’analisi venne fuori che il motivo per il quale i tumori continuano a tornare era da attribuire a un metallo pesante, il tungsteno, presente sul munizionamento utilizzato dai militari, Attianese compreso, anche durante le missioni sostenute dall’Italia in Afghanistan nel 2002 e nel 2003.

Il tribunale disse al militare che quel fascicolo nato dalla lettera inviata alle varie Istituzioni civili e militari era ormai diventata una denuncia.

Solo in seguito a tale vicenda legale al militare fu riconosciuta la causa di servizio.

Naturalmente durante le indagini vennero richiesti i rapporti informativi relativi al militare, ovvero una sorta di stato di servizio dove al suo interno vi sono scritte tutte le attività fatta di militari, ovvero ogni possibile contatto con materiali cangerogeni.

Purtroppo questi rapporti importantissimi e capaci di accelerare i tempi della burocrazia al fine di far decretare la causa di servizio nei confronti di Attianese, stentano ad arrivare, anche a causa di comportamenti ambigui e ostativi perpetrati dalle stesse persone che avrebbero dovuto supportare e sostenere tali iter in favore di Attianese.

A questo punto è doverosa una considerazione.

E’ moralmente sostenibile un Paese in cui un militare con una patologia grave e riconosciuta, per veder riconosciuti i propri diritti, debba subire minacce ed isolamento, debba essere costretto a registrare le conversazione per tutelarsi, infine, debba scrivere una lettera ad ogni forma di autorità istituzionale e militare, al solo fine di ricevere attenzione?

Questa attenzione doveva essere già sua dal momento in cui i propri superiori vennero a conoscenza della problematica del ragazzo.

Invece è stato abbandonato a se stesso, isolato e ostacolato.

C’è da dire che se il militare non avesse avuto la brillante idea di scrivere una lettera, oggi starebbe ancora aspettando la causa di servizio perché dopo 10 anni il TAR non si è ancora espresso in merito.

Forse in tale negativo contesto, per fortuna scongiurato, il malessere psicologico che avrebbe dovuto vivere Antonio lo avrebbe indubbiamente indebolito anche nel fisico, esponendolo ad ogni ulteriore nefasta sorte.

Ma andiamo avanti.

Come si evince da tutte le documentazioni prodotte da Attianese, il legame tra il tumore, le missioni e le attività operative vissute dallo stesso, era assolutamente chiaro e indiscutibile.

Purtroppo questa chiarezza mancava proprio alle Istituzioni.

Ad esempio.

Durante le missioni furono svolti continui e sostanziosi poligoni con ogni munizionamento possibile.

In tali poligoni o in zone limitrofe venivano fatti anche brillamento enormi quantità di ordigni inesplosi.

I poligoni però erano adiacenti alla base, perciò tutte le polveri createsi durante tali attività “esplodenti” invadevano inevitabilmente l’area degli accampamenti dei nostri soldati.

Queste polveri, come si evince dalle relazioni medico legali prodotte, sono più che probabile causa delle patologie di Attianese.

L’esposizione a polveri cariche di metalli pesanti come il Tungsteno sono una delle causa dell’insorgenza di carcinomi come quelli vissuti dal nostro “Ranger”.

Oltretutto la legge prevede che, se ti ammali per causa del datore di lavoro, si possano chiedere i danni, oltre a tutto il resto che spetta in base alle leggi già menzionate precedentemente.

E’ qui che viene da chiedersi se fosse questo il motivo per il quale chi di dovere abbia assunto atteggiamenti di ostilità nei confronti del soldato e della rispettiva richiesta di riconoscimento della causa di servizio.

Oltretutto vorremo capire quale criterio viene utilizzato nella valutazione delle cause di servizio, visto che, come si evince dalla stessa lettera di Attianese, cito testuali parole:” tutta questa sofferenza è resa ancor più insopportabile dal fatto che ho in mano carte ufficiali che attestano che un’ Ufficiale Generale dell’Esercito Italiano con la mia identica patologia e iter medico/burocratico, si è visto riconosciuta la causa di servizio dallo stesso ente che a me l’ha negata“.

Oltre al danno anche la beffa.

Attianese viene riformato da militare a civile, perché ha raggiunto due anni su cinque di convalescenza, nessuno però gli fa sapere che prima del termine dei due anni deve essere valutato dal CMO per l’idoneità per ruolo civile, pena l’esser riformato senza stipendio.

Per fortuna lo scopre in tempo e riceve l’idoneità civile.

Rimane in aspettativa per due anni, rientra, ma lo stato di salute si aggrava maggiormente e alla fine al militare viene concessa la pensione.

Ma si sa, in Italia la pensione la devi sudare, anche quando ti spetta per cause di forza maggiore.

Le legge non dovrebbe essere interpretata e nascosta come puntualmente hanno fatto in questa storia, tanto meno si dovrebbe cercare di negare il diritto a una categoria pensionistica piuttosto che ad un ‘altra come successo per Attianese.

Al Soldato, infatti, gli fu assegnata durante la valutazione della CMO la seconda categoria pensionistica quando in realtà in base alla legge gli spettava la prima per “malattia in stato di evoluzione”.

In base alla tabella di classificazione delle infermità (tabella E) il soldato doveva essere classificato con una infermità superiore ricevendo anche la super invalidità che al suo interno comprende una serie di altre assistenze.

Sono questi i tagli che i nostri governi fanno per risparmiare denaro?

Togliere le cause di servizio o le pensioni d’invalidità che spetterebbero per legge?

Credo che Attianese come altri né avrebbe fatto volentieri a meno.

La legge va applicata e non nascosta, non va interpretata ma attuata.

Per concludere.

La patologia del carcinoma vescicale è una malattia che colpisce persone con età avanzata e non certo un ragazzo così giovane.

Già questo dovrebbe dare il senso della sofferenza vissuta da Antonio.

Ora, è possibile che un militare che ha difeso le istituzioni si trovi ad essere lasciato solo dalle stesse?

Cosa potrebbero pensare tutti i militari ancora in servizio e impegnati quotidianamente nelle missioni di “pace” sparse nel mondo, quindi esposti a possibili malattie, se venissero a sapere che i loro vertici tenderebbero a ostacolare ogni futuro militare che si venisse a trovare nelle medesime condizioni di Attianese?

Ma Antonio Attianese, pur dopo tutto quanto sopra enunciato, rimane pur sempre un soldato professionista, un Ranger, arruolatosi per passione rispettoso dei propri ideali e dei propri valori.

Antonio infatti così risponde ad alcune domande.

Cosa pensi oggi dell’Esercito Italiano?

Io non rinnego ciò che ho fatto e lo rifarei, ma sicuramente con molta più attenzione”.

Consiglieresti ad un ragazzo d’intraprendere la carriera militare?

Si perché no, ma lo metterei al corrente dei rischi. Indubbiamente questo avvertire con lealtà i soldati circa i possibili pericoli inerenti il proprio lavoro, compresi quelli legati alle malattie, sarebbe compito delle istituzioni. Come anche far sapere che esistono leggi che tutelano i militari affetti da patologie gravi. Dovrebbero mettere davanti ai giovani ragazzi che voglio intraprendere tale carriera tutte le nozioni necessarie per poter scegliere il loro futuro con piena coscienza. Essere informati fa la differenza”.

La voce di Antonio risuona di passione e amarezza mentre risponde alle domande.

Sarebbe ora di dire la verità, perché più di 300 militari sono morti e più di 4000 sono affetti da patologie causate dall’esposizione alle nano particelle, senza contare quelli che sono morti in passato che non conoscevano le cause della loro malattia.

Queste vite pesano sulla coscienza di chi continua a mentire, di chi, in nome di una carriera, continua fregarsene della vita dei soldati italiani che con onore si sacrificano per un alto ideale come quello di servire il Paese.

Non è una carriera fulmine o i gradi sulle spalle a fare un UOMO, ma la sua coscienza e di conseguenza i propri comportamenti.

Vogliamo giustizia per Antonio Attianese e tutti i militari nelle sue stesse condizioni.

Fino a quando dei militari saranno costretti a combattere guerre al di fuori del servizio e senza l’appoggio e la tutela delle Istituzioni noi continueremo a parlarne.

Seguiremo la sua e le altre storie da vicino e continueremo a far sapere l’evolversi della lotta burocratica che anche da civili stanno affrontando.

Volentieri e con leale passione daremo voce a qualsiasi militare che voglia far conoscere la propria storia.

Riponiamo la fiducia nella coscienza dell’essere umano, sperando che questa non continui ad essere sopraffatta dal morboso raggiungimento di un grado più alto o il continuo mantenimento di una poltrona di potere.

Antonio Attianese conobbe il primo carcinoma all’età di 25 anni, nel fiore degli anni.

Ora ha 38 anni, una moglie amorevole, due figli splendidi.

Una splendida e unita famiglia che ha dovuto convivere e sopravvivere a subito 34 interventi e 90 ricoveri.

Vi ricordate Antonio nelle prime foto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Antonio Attianese  sulla copertina della rivista militare spagnola “Raids”.

Dal 2004 ad oggi Antonio lotta ancora per avere diritti che gli organi competenti continuano a negare nascondendosi dietro la burocrazia, in un Paese dove le scartoffie diventano il nascondiglio dell’inadempienza e dell’omertà.

Di tale situazione sono stati informati tutti i membri delle Commissioni Difesa del Senato e del Parlamento, il Ministro della Difesa, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ma ad oggi nessuno ha contattato Antonio per capire la sia condizione legale e umana.

In fondo all’articolo, oltre agli allegati confermanti quanto sopra descritto, per chi volesse capire di cosa si sia parlato e di quale patimenti mentali e fisici abbia dovuto affrontare Antonio, sono state inserite delle foto.

Sono stati anche inseriti alcuni riferimenti delle personalità istituzionali ai quali è stata presentata la problematica vissuta da Antonio

In bocca a lupo Antonio noi siamo con te.

di Daniele Cossu

 

Aspetto Psicologico

Ci sarebbe molto da dire, da commentare, da sottolineare e soprattutto da contestare, ma ci soffermeremo soprattutto sulle motivazioni che portano un soldato a continuare ad essere ciò che é anche quando é fisicamente “impedito” e moralmente “distrutto”.

Ognuno di noi, fin dall’infanzia, immagina cosa possa e voglia essere una volta raggiunta l’età adulta.

Mette dedizione, volontà, impegno e soprattutto lascia il cuore in ogni scelta che intraprende, in ogni passo che muove verso la conquista del proprio obiettivo.

Questa passione viene riscontrata maggiormente negli ambiti lavorativi che portano con se’ un famoso fascino, il fascino della divisa appunto, perché?

Perché la divisa é “romanticismo”, é dedizione, é un insieme di valori, di speranze, di ambizioni e desideri.

La divisa é la divisa e guai se non ci fossero ancora oggi uomini e donne pronti a vivere per essa.

Ai soldati viene insegnato a sacrificarsi per qualcosa di più grande di uno stipendio, di un lavoro o di un’ambizione.

Ad un soldato viene insegnato il rispetto prima che per se’ stesso, per i propri colleghi, per il proprio Stato e per la propria Bandiera.

Se loro giurano di difendere qualcosa di più grande dei propri affetti, chi giura di difendere loro?

Non é il primo caso raccontatoci di “abbandono”, ma é uno dei pochi nei quali leggiamo la forza psicologica che é stata messa per far fronte al peggio.

Quando parliamo di “peggio” ci riferiamo a uno Stato che volta le spalle ai propri figli, uno Stato che arriva a nascondere, negare ed insabbiare i propri errori a discapito della dignità del prossimo.

Immaginate per un secondo di aver raggiunto l’élite del vostro ambito lavorativo, di essere circondato dai migliori e di essere a vostra volta uno dei migliori, e nonostante ciò di avere tanto da dare.

Dopo aver immaginato questa nuvola paradisiaca, come vi sentireste se venisse spazzata via trascinandovi in un baratro che sembra non avere fine?

Avere prove, testimonianze e soprattutto certezze che, nel momento in cui vengono esibite per far riconoscere i propri diritti, invece di essere visionate, risultano ignorate e ancor peggio, volontariamente sminuite da chi dovrebbe invece valutarle in maniera asettica e leale.

Negare la realtà confermata da evidenze certe non sembra essere ne onorabile ne leale, ma un comportamento assolutamente deprecabile.

Le condizioni di disoccupazione e di inoccupazione nella normale “amministrazione” portano con sé un enorme dispendio di energie sia fisiche sia psichiche; conseguentemente una situazione duratura può indurre a depressione, stati d’ansia, senso di inutilità, senso di perdita di controllo ed insofferenza.

Questa condizione così delicata é aggravata dalla cosiddetta CRISI DI IDENTITÀ, che porta con sé la falsa credenza di non essere legittimato ad avere un posto nel mondo e in particolare nella società.

Si perde fiducia in sé stessi e aumenta il disinteresse nella vita politica e sociale, poiché il soggetto tende a credere che qualunque sforzo compia non potrà mutare la propria situazione.

Per un uomo, non una macchina, che aveva trovato e raggiunto il suo scopo nella vita é tutto amplificato per il semplice fatto che vede i suoi sacrifici diventare inutili e assiste inerme alla smaterializzazione della sua vita, così che le domande che ci si pone si moltiplicano, “se avessi fatto…”, “se non fossi andato”.

Queste problematiche valgono sia per coloro i quali sono definiti “normodotati”, sia per le persone che portano con sé handicap e menomazioni.

Per inciso, anche se a livello legislativo l’Italia risulta essere un paese all’avanguardia in tema di inclusione, la realtà e la messa in pratica di tali direttive risulta essere assolutamente insoddisfacente.

Per ovvie ragioni, che non stiamo qui a ribattere, siamo certi che i costituenti non avessero in mente questo atteggiamento di assoluta negligenza quando compilarono e firmarono la Carta contenente i diritti e i doveri dei cittadini.

Il problema principale é che viviamo in un’epoca nella quale coltivare il proprio giardino per renderlo florido e rigoglioso é d’interesse primario, anche se questo viene fatto a scapito di altri.

La questione che ci fa maggiormente sorridere di amarezza, é che lo Stato, e di conseguenza le Forze Armate, predicano, invogliano, richiedono il CAMERATISMO – termine che il dizionario identifica come “Rapporto di amicizia, di solidarietà e di mutua fiducia fra colleghi e compagni di lavoro, di sport, di fede politica, ecc.”- per poi disattenderlo proprio nei confronti dei propri uomini.

Fiducia? Solidarietà? Ah, forse parliamo di miraggi se non di miracoli.

Antonio Attianese, come tutti coloro che hanno difeso e che difendono la nostra terra, é un eroe. Un eroe nel profondo senso del termine.

E’ un uomo che ha cercato di dare il massimo per far sì che il resto dei suoi concittadini dormissero sonni tranquilli.

E’ un uomo che non ha avuto paura di dire ai propri Superiori e alle Istituzioni la verità, e di sbattergli in faccia le mancanze e le omissioni dagli stessi perpetrati.

Attianese non si é piegato, perché un Soldato non si piega mai.

Chiediamoci tutti però se è giusto dover muovere “guerre” a chi ci dovrebbe tutelare.

Chiediamoci se una Nazione teoricamente giusta, non dovrebbe tutelare e accudire amabilmente, da buon padre di famiglia i propri figli, i propri cittadini.

Chiediamoci se questo è il giusto riconoscimento spettante a chi a messo in secondo piano la propria vita e la serenità della propria famiglia in favore degli altri cittadini e del Paese.

Di Giorgia Guglielmino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lettera inviata da Antonio Attaniese

Relazione Dottoressa sulle nano particelle di tungstero trovato nel tumore
relazione sul tungsteno da un artificere

 

Articoli sull’impiego dei Ranger in Abbruzzo

http://www.masman.com/communications/operazione-dei-ranger-dellesercito-per-raggiungere-frazione-isolata-nelle-marche/?lang=it

http://www.masman.com/communications/emergenza-neve-riprende-levacuazione-i-ranger-reggimento-monte-cervino/?lang=it